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Il dono dell’Eucaristia nelle nostre vite

 

“Il pane e il vino che hai creato, Signore,
a sostegno della nostra debolezza,
diventino per noi sacramento di vita eterna”

 

“Non sono degno di andarla a ricevere”, “Per me è troppo”, “Ho commesso troppi peccati”, “Questa volta non mi sento”, “Vado, ma sappi, Gesù, che non ho nessuna intenzione di vivere con Te”, sono pensieri che frenano l’andare a ricevere la Comunione durante la Celebrazione Eucaristica. Il Catechismo della Chiesa Cattolica, dall’articolo 1385 al 1387, spiega:

“Chi è consapevole di aver commesso un peccato grave, deve ricevere il sacramento della Riconciliazione prima di accedere alla Comunione.

Davanti alla grandezza di questo sacramento, il fedele non può che fare sua con umiltà e fede ardente la supplica del centurione: «Domine, non sum dignus ut intres sub tectum meum: sed tantum dic verbo, et sanabitur anima mea» – «O Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa: ma di’ soltanto una parola e io sarò salvato».

Per prepararsi in modo conveniente a ricevere questo sacramento, i fedeli osserveranno il digiuno prescritto nella loro Chiesa. L’atteggiamento del corpo (gesti, abiti) esprimerà il rispetto, la solennità, la gioia di questo momento in cui Cristo diventa nostro ospite.”

L’articolo 1389 riporta: “La Chiesa fa obbligo ai fedeli di «partecipare alla divina liturgia la domenica e le feste» e di ricevere almeno una volta all’anno l’Eucaristia, possibilmente nel tempo pasquale, preparati dal sacramento della Riconciliazione. La Chiesa tuttavia raccomanda vivamente ai fedeli di ricevere la santa Eucaristia la domenica e i giorni festivi, o ancora più spesso, anche tutti i giorni”.

Ricevere l’Eucaristia significa accogliere quel dono che Gesù fa di sé stesso, tanto gratuito da essere disposto ad abbassarsi alle nostre miserie e ad entrarci. Nell’Eucarestia Lui non ci abbandona mai, neanche se pecchiamo.                     Se mi adiro, porto Gesù nella mia ira; se mi inorgoglisco, Lo avvolgo nell’orgoglio; se commetto adulterio, Lui è con me; si tengano presenti le parole del salmo 138:

“Se salgo in cielo, là tu sei,
se scendo negli inferi, eccoti.
Se prendo le ali dell’aurora
per abitare all’estremità del mare,
anche là mi guida la tua mano
e mi afferra la tua destra”.     

La contrizione, cioè il profondo dolore per i propri peccati, supera il mero senso di colpa, che spinge sì a confessarsi, ma non a cambiare. Ciò che ci cambia è l’amore che portiamo verso di Lui: per amor Suo non mi adiro; perché non voglio sprofondarLo nel mio orgoglio non mi inorgoglisco; non commetto adulterio per non permettere che Lui, infinito Amore, seguendomi ovunque, non venga con me anche mentre commetto adulterio.

Quando si ama, si ha bisogno di stare con la persona amata, così Gesù sta con noi nell’Eucaristia e noi decidiamo di stare con Lui. Quando lo riceviamo, Lui comprende nella pienezza l’angoscia, le preoccupazioni, le fatiche, le gioie che proviamo esattamente come le proviamo, siamo perfettamente capiti. L’adorazione eucaristica è lo stare con Gesù pensando al momento presente in cui siamo con Lui, imparando così a vivere in profondità ogni attimo della nostra esistenza. L’integrazione di ogni attimo della nostra vita con quello in cui crediamo ci rende testimoni autentici ed efficaci. Due giovani sposi, un anziano da curare, un figlio malato, non sono un’alternativa, ma il prolungamento di quello che succede sull’altare.  Gesù si fa piccolo e indifeso per condividere con noi ogni situazione, come rifiutare una presenza tanto amica? L’unico Suo desiderio è quello di poter stare con noi; da parte nostra prepariamogli un cuore capace di accoglierlo, di ascoltarlo, di stare con Lui, un cuore pronto con la preghiera e la confessione. Chi comprende che l’amore di Dio è tanto irruente da travolgere la nostra vita, non passa inosservato, perché non è semplicemente un buon esempio, ma un testimone di quanto sia non solo vero, ma anche bello vivere così.

 

 


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