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“Amate i vostri nemici e pregate
per quelli che vi perseguitano”
(Mt 5, 44)

Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore (1Gv 4,8). Noi possiamo amare solo se percepiamo l’amore di Dio per noi; proviamo infatti a rendere positivo il versetto sopracitato di San Giovanni: “Chi ama ha conosciuto Dio, perché Dio è amore”.
L’amore straripante che Dio ci comunica attraverso la creazione, l’uomo, la Sua Incarnazione, gli avvenimenti del mondo e della nostra vita, ci spinge ad amare a nostra volta, e proprio in virtù di questo amore noi possiamo affrontare e vivere in pienezza non solo la gioia, ma anche l’avversità, il dolore, la sofferenza.
Chi non vede questo amore non ama e cade facilmente nel peccato.
Gesù dice di arrivare ad amare perfino i nostri nemici. Il che vuol dire che il cristiano è chiamato ad immergersi totalmente nell’Amore, tanto da amare sé stesso, Dio, coloro che lo amano e coloro che non lo amano, perché chi ama lo fa senza misure.

Amare sé stessi significa vedersi con gli occhi di Dio, riconoscersi bisognosi di tutto da parte Sua. In questo modo i limiti e i difetti vengono sommersi dalla misericordia e dall’amore che Dio nutre per noi: davanti a Lui, prima che peccatori, siamo figli. Da questo sano amore per sé stessi, scaturisce l’amore verso il prossimo, quale irradiazione della relazione fra noi e Dio, composta da ἔρως, l’attrazione naturale, la tensione intrinseca che abbiamo verso la trascendenza e verso il bene rimirando la bellezza della natura, l’ordine dell’universo o la preziosità dell’animo umano, e ἀγάπη, l’amore disposto a pagare di persona, a prendere su di sé le fatiche e le sofferenze, come insegna San Paolo: “Portate i pesi gli uni degli altri, così adempirete la legge di Cristo” (Galati 6,2).

L’amore verso Dio e verso il prossimo sono strettamente collegati, infatti il primo senza il secondo è ascetismo, mentre il secondo senza il primo è mero umanitarismo, con obiettivi o ideologie incompatibili con la morale cattolica.
Per amare il nemico è necessaria molta fede, molta fiducia nell’amore di Dio, il quale “fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, fa piovere sui giusti e sugli ingiusti” (Mt 5,45).
Non è possibile non amare quando ci si sente infinitamente amati, soprattutto se un fratello ha bisogno che sia esercitata su di lui la pazienza, il perdono o la compassione da parte nostra, che sono attributi divini.

Gesù ci chiede di pregare per cercare di vedere dal Suo punto di vista quel fratello o quella sorella, e per comportarci nei suoi confronti come Lui si comporterebbe.
San Paolo nel capitolo 13, versetti 4-8, della lettera ai Corinzi, espone le caratteristiche della carità, che il cristiano è chiamato a mettere in pratica verso tutti:
“La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine”.

 

 

 


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